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La Lucania



  LA TABULA BANTINA OSCA

Nel sito archeologico di Banzi fu trovato uno dei maggiori documenti della cultura lucana la "Tabula Bantina Osca".


 

A pochi chilometri dall'attuale confine con la Puglia, fra Palazzo San Gervasio e Genzano di Lucania, nei pressi di Venosa, sorge Banzi, la città della "Tabula osco latina". La Tabula Bantina è il più importante reperto mai rinvenuto sulla lingua degli Osci, popolazione indo-europea dell'Italia antica, stanziata in Campania e in parte della Basilicata verso l'VIII secolo a.C.


La Tabula Bantina fu rinvenuta nel 1793 in località Lago delle Noci, alle falde del Monte Montrone, a Oppido Lucano (Comune lucano in Provincia di Potenza), tra i resti di un’antichissima tomba. È costituita da una lastra di bronzo divisa in tre pezzi ed in alcuni frammenti. Datata forse tra il 150 a.C. e il 100 a.C., ha incisioni grafiche su ambedue le facciate. Per importanza di contenuto la Tabula Bantina si affianca alle Tavole di Eraclea. Si tratta di un frammento dello statuto municipale dato dai commissari romani al Municipium di Bantia, relativo all'ordine dei comizi, al censo ed ai requisiti per accedere alle pubbliche magistrature. In particolare sul recto è riportata la lex agraria Appuleia (ca. 100 a. C.) e sul verso la lex osca della intercessio tribunicia e del Certus Ordo Magistratuum.


Da una parte vi è lo statuto bantino, una legge municipale dell'antica città di Bantia (l'attuale Banzi in provincia di Potenza), del cui municipio faceva parte anche Oppido. È scritto in lingua osca ma con caratteri latini. Sull'altra facciata è inciso un plebiscito, una legge di Roma, ancora in lingua latina. Alcuni frammenti sono conservati nei musei archeologici di Napoli e Venosa. Dinu Adameşteanu riteneva che il testo osco, almeno per il frammento conservato in Lucania, fosse in realtà una traduzione di un testo originale in lingua latina, redatta da qualcuno che non padroneggiava perfettamente la lingua osca.


Primo secolo avanti Cristo: scoppia la Guerra Sociale. I Socii, popolo italico stanziato nell'Italia meridionale, chiedono a Roma l'estensione della cittadinanza romana anche alle loro città e province. Bantia, l'antica Banzi, è a capo di una confederazione osca, già in epoca pre-romana. Per soppravvivere al lento, ma inesorabile declino che la stava attanagliando – la vicina e più importante Venosa era da tempo centro di modernità e influenza socio–culturale che attirava popolazioni limitrofe e interesse da parte di Roma – non ha altra scelta che "romanizzarsi". È difficile per un popolo abdicare alla propria identità, ma le circostanze storiche e politiche plasmano i cambiamenti in maniera impercettibile e a volte crudele. La creazione del Templum auguraculum in terris – scoperto nel 1962 durante i lavori di scavo per la costruzione di una scuola materna – che sostituirà l'antica Ara sacra osco-lucana, è il primo significativo esempio di "conversione". Sarà seguito dalla pubblicizzazione delle norme contenute nella Tabula Bantina che comportò, dopo la guerra contro Roma, l'istituzione e la regolamentazione del municipium (municipio romano). La Tabula – un vero e proprio prototipo di statuto comunale, per come lo conosciamo oggi – è il più importante documento osco ritrovato. Lo dimostra la vasta bibliografia dedicatale che ne sottolinea, se ce ne fosse bisogno, il suo insestimabile significato archeologico. È una lastra di bronzo, in cui sono riportate scritte in lingua latina da un lato e in lingua osca con caratteri latini dall'altro. Di essa ci sono pervenuti due frammenti, ritrovati in epoche diverse, ma sempre nello stesso territorio, quello di Oppido Lucano. Il più grande, ritrovato nel 1793, misura 38 centimetri di altezza ed è largo 25, è attualmente conservato al Museo Nazionale di Napoli; il più piccolo è alto 12 centimetri e largo15,5. È stato rinvenuto nel 1967 ed è conservato nel museo di Venosa. Se da un lato il documento dimostra come un paese con origini etniche e antropologiche diverse possa adeguarsi alle regole e ai costumi appartenenti ad altre culture, dall'altro ha una valenza giuridica notevole, attraverso norme che anticipano e diffondono l'organizzazione romana delle province. Di non secondaria importanza, secondo alcuni autori, il fatto che esso rappresenti il modello anticipatore della nascita dei comuni in epoca medioevale. Ancora, Mario Torelli – scopritore assieme a Dinu Adamesteanu del secondo frammento della Tabula – ha ipotizzato come il documento sia stato addirittura scritto in una fase antecedente alla Guerra Sociale, con tutta una serie di conseguenze e considerazioni di più ampia portata che sottolineano, per dirla con Sebastiano Tafaro, docente di Istituzioni di diritto romano all'Università di Bari: "Il carattere autonomo delle disposizioni della Tabula Bantina, anche se in qualche misura ispirate o assimilate all'assetto di Roma e delle sue colonie". La "tavola" sembra riassumere il trapasso etnico–storico nella sua ambivalente struttura/conformazione. Se il lato latino presenta ancora molto dubbi di decifrazione – non si capisce ancora se le norme in essa contenute siano attribuibili alla sfera del diritto agrario o di un provvedimento giudiziario – la parte osca è più intellegibile anche se alcuni studiosi sono ancora molto prudenti nell'attribuire certezza assoluta al contenuto. Si tratta, così sembra, di un insieme di norme che regolano il municipio banzese.


Si sa che nel I sec. a.C., periodo al quale viene attribuito la Tabula Bantina e il templum in terris, Roma era in guerra con i Socii e Venosa si schierò con essi e tra le città latine fu l’unica a ribellarsi a Roma. Una delle possibili motivazioni di tale ribellione è rintracciabile nell’ "oscizzazione" della città, la quale "osservava come lingua ufficiale il latino, ma nella comunità includeva un importante nucleo osco" il quale, dunque, rifacendosi alla propria originaria civiltà non aveva naturalmente mai accettato quella romana. Le perplessità, avanzate da non pochi autori, nel non riuscire a trovare una plausibile ragione nella scelta della città di Venusia, unica fra tutte le colonie latine che si misero contro Roma durante la Guerra Sociale, può trovare una delle sue ragioni forti nella fierezza di un’origine e di un’identità osca alla quale non si voleva rinunciare. Venusia, essendo colonia latina, aveva già la cittadinanza romana, non c’era quindi ragione per mettersi a favore dei Socii che chiedevano a Roma, e per questo erano in lotta, proprio ciò che a loro mancava ma che Venusia aveva: la cittadinanza romana. Pertanto la città di Venosa nonostante avesse una classe dominante necessariamente romanizzata, questa però non era stata forte al punto da essere stata capace di dominare e sconfiggere il nucleo ostile, anti-romano, presente nella popolazione, senz’altro influente negli apparati politico-amministrativi della città e che senz’altro per rafforzarsi doveva trovare linfa in nobili culture ed ideali di riferimento quali potevano essere, anche se strumentalizzabili, quelli che rimandavano alla originaria identità pre-romana osco-lucana.


La Guerra fu detta Sociale perché fu combattuta dai Socii, o alleati, di Roma che chiedevano l’estensione della cittadinanza romana anche alle loro città e provincie. E’ certa la sua data: 91-89 a.C.


La Tabula Bantina Osca viene ufficialmente collegata al periodo immediatamente dopo all’evento dell’acquisizione della cittadinanza romana avvenuta dopo l’esito positivo della Guerra dei Socii, e che comportò nelle provincie la nascita dei municipium con l’acquisizione di uno statuto municipale redatto ad immagine di quello romano. Nell’estensione della cittadinanza romana ai popoli italici molti autori vedono la nascita geo-politica dell’Italia così come la conosciamo oggi. Anche la nascita dei municipi romani, conseguenti all’esito della Guerra Sociale, viene vista come modello anticipatore della nascita dei comuni in epoca medioevale. A Banzi si è assistito alla realizzazione del primo avvenimento: il municipium romano nel I sec. a.C. e non si è potuto assistere al secondo, alla nascita del comune medioevale, per l’affermarsi in quest’epoca, a causa dell’abbazia, del solo mondo ecclesiastico. A Venosa non sono mai stati rinvenuti testi epigrafici di una certa importanza. L’ostilità venusina a Roma era dunque forte così come era vitale, per i romani, l’importanza strategica della città.


Era una città molto popolosa che si dice sia stata originariamente fondata con ventimila coloni, numero altissimo che alcuni studiosi lo credono possibile solo se si ipotizza che la maggioranza di essi sia stata gente della zona attratta a Venosa soprattutto per la possibilità di occupare i vasti terreni agricoli disponibili, anch’essi riportati dalla storia in numero molto elevato.


Se Venosa si è popolata di gente del luogo questa doveva provenire senz’altro dai due versanti più pianeggianti e quindi popolosi: dalla vicina terra dauna canosina e dall’altrettanto vicina terra dell’attuale Palazzo S.G., Banzi e Genzano, cioè da un luogo, quest’ultimo, a forte impronta osco-sannitica. E dev’essere stato quest’ultimo nucleo ad essere più consistente se viene riferita una possibile forte "oscizzazione" della comunità venosina. Si spiegherebbe, così, il calo demografico di Bantia intorno al Trecento a.C. e si spiegherebbe anche perché la Tabula Bantina è stata realizzata a Banzi: antica città a capo di una confederazione osca in epoca pre-romana e, quindi, che da secoli aveva saputo esprimere una sensibilità ed una tradizione politica alla quale non venne meno neanche nel periodo romano.


Inoltre è da considerare che l’antico villaggio del popolo bantino non aveva goduto dei privilegi di modernità che all’epoca Roma aveva portato a Venosa, e si può ragionevolmente supporre che stava avviandosi al suo declino. Per sopravvivere si romanizzò. Venosa non voleva romanizzarsi e non produsse culturalmente e letterariamente niente d’ importante in tal senso. L’anfiteatro e le terme erano manufatti urbani funzionali ad una migliore e pragmatica vivibilità, ma la civiltà alla quale sentiva di appartenere non era quella indotta dalla colonizzazione romana ma quella d’origine che nessun uomo al mondo, nato libero, può cancellare dalla sua memoria individuale e collettiva.


Quale conseguenza del processo di romanizzazione si avrà anche l’adeguamento delle strutture religiose con la costruzione di un templum auguraculum in terris che andrà a sostituire l’antica ara sacra osco-lucana sita presso l’attuale Fontana dei monaci. Il templum fu scoperto nel 1962 durante i lavori di scavo per la costruzione della scuola materna, a poca distanza dall’attuale centro del paese. E’ costituito da 9 cippi riportanti incisi in lingua latina, fortemente influenzata dalla lingua osco-umbra, i nomi delle nove divinità che perimetravano l’area. Sulla sommità i cippi riportano i nomi sia delle divinità classiche del pantheon greco-romano come Iuppiter, che i nomi di divinità proprie delle popolazioni italiche osco-sannitiche, come quello della Dea Flus. Il templum in terris è l’unico del suo genere riportato alla luce nel mondo latino. Si sapeva della sua esistenza per i passi di autori quali Varrone ed altri (quali Festo e Servio) ma fino al 1962 non ne era mai stato rinvenuto uno.


Nell’area sacra delimitata quale templum dai nove cippi dedicati alle nove divinità, i sacerdoti traevano auspici per il futuro interpretando il volo degli uccelli in riferimento alla collocazione dei cippi stessi.


Ma è la Tabula Bantina Osca il documento più importante di Banzi che, a tutt’oggi, è il più lungo documento in lingua osca rinvenuto. Si tratta di una lastra di bronzo, scritta in lingua latina da un lato e in lingua osca con caratteri latini dall’altro, di cui si hanno due frammenti: il più grande, che misura 38 cm. di altezza ed è largo 25, fu rinvenuto nel 1793 in territorio di Oppido ed è attualmente conservato al Museo Nazionale di Napoli; il più piccolo, che misura un’altezza di 12 cm ed è largo15,5 cm., rinvenuto sempre in località Lago della Noce ai piedi di Oppido, è stato scoperto nel 1967 ed è conservato presso il museo di Venosa. E’ stato grazie a quest’ultima scoperta che si è potuto determinare con certezza che il testo in lingua osca è stato scritto successivamente a quello latino. Infatti al centro del lato inferiore del lato osco vi è un foro che dalla disposizione delle lettere che lo affiancano si deduce che è stato praticato prima dell’incisione delle lettere. L’applicazione del foro ha invece rovinato la coincidente parola che lì era stata incisa sul lato che riporta il testo latino. Il foro serviva per affiggere pubblicamente con un chiodo la lastra su un muro.


"Le poco più che diciotto parole del testo latino non servono a dirimere la questione dell’identificazione della legge, che tuttavia sembra vincolata all’introduzione dello iusiurandum in legem per i senatori, attribuita ad Appuleio Saturnino. Non è il caso di riassumere le numerose ipotesi che hanno fatto della Tabula Bantina ora una lex agraria, ora una lex iudiciaria, attribuendole cronologie oscillanti tra l’età graccana e il periodo democratico di Cinna: il nuovo frammento non sembra infatti voler favorire l’una tesi piuttosto che l’altra" . Così scrivono D. Adamesteaunu e M. Torelli in "Il nuovo frammento della Tabula Bantina" riferendosi al testo in latino la cui datazione, avendo scoperto che è precedente a quello osco, è stata fatta risalire al periodo durante il quale con la Lex Julia dell’89 a.C., a seguito della guerra sociale che da poco aveva investito i territori romani, si estesero a tutte le città italiche sia la cittadinanza romana che lo stesso sistema municipale romano.


La data attribuita alla lastra dagli stessi Autori è precisamente dell’80-60 a.C. durante i quali si ha la costituzione del municipium, di cui al testo in lngua osca, e del templum augurale. Infatti, mentre non è ancora stata diramata la questione riguardante l’attribuzione ad una precisa legge del testo scritto in lingua latina, sul testo scritto in lingua osca non vi sono dubbi: è senz’altro riferibile allo statuto del municipio bantino.


Sono passati più di duemila anni da quando fu realizzata ma per la sua natura è questo il testo che di fatto costituisce la prima carta d’identità, pubblica e giuridicamente compiuta, della comunità di Banzi. Lo scriba dell’epoca, anzi gli scribi in quanto il testo è opistografo, servendosi di scalpelli e degli altri necessari arnesi del mestiere incisero sul bronzo le lettere costituenti i due testi avendo senz’altro una o più pergamene o tavolette sulle quali gli stessi testi erano stati incisi. Qualcuno, naturalmente, aveva pensato e scritto quelle pergamene; aveva avuto la cultura, il titolo e la necessità per farlo; aveva tratto, insieme agli organi collegiali del potere dell’epoca, territoriali ed extra-territoriali, dal contesto sociale e politico più ampio nel quale era inserito la necessità storica e giuridica di realizzare la Tabula Bantina. Non era usuale scrivere su lastre di bronzo. Nessun documento del genere, senz’altro più pregiato e tecnologicamente più complesso di un’iscrizione su pietra, ci ha lasciato la vicina e potente Venusia.


Si consideri inoltre che all’epoca non era diffusa la capacità di leggere e scrivere essendo queste competenze senz’altro rare tra la comune popolazione, ed è quindi presumibile che solo poche collettività potevano permettersi tra le proprie maestranze degli artigiani in grado di saper leggere, condizione indispensabile per poter incidere testi lunghi e complessi. All’epoca era più consuetudinario scolpire la pietra per esempio per i cippi sacrali, e soprattutto funerari, e se i testi erano corti si può ragionevolmente supporre che all’artigiano potesse essere richiesta la sola capacità di saper copiare da un testo le poche parole da scolpire con la loro successione e disposizione. Ma per i testi più lunghi ed articolati, come lo erano i testi della Tabula Bantina, non è pensabile che l’artigiano avesse potuto soltanto copiarli. Doveva essere senz’altro un raro specialista che oltre a saper usare lo scalpello era anche padrone della lingua scritta e al quale vi si doveva far ricorso solo in occasione di lavori complessi ed importanti. Oppure a fianco a lui ci doveva essere una persona che, sapendo leggere, lo seguiva nel lavoro. Non è detto che la tavola sia stata confezionata a Bantia, è anzi presumibile che i due testi, che comunque sembrano essere stati scritti in due epoche diverse, siano stati realizzati altrove, forse a Venosa ma forse a Roma stessa.


Questa circostanza rende più emblematica la vicenda storica dell’antico villaggio di Bantia. Aver avuto la volontà, la competenza giuridico-culturale, la necessità di pensare e tecnicamente far poi realizzare la Tabula Bantina opistografa costituisce di fatto un atto complesso ed elaborato. Non si è davanti ad un’epigrafe ordinaria. Il manufatto di bronzo della Tabula Bantina è una raccolta di norme legali che riguardano espressamente il municipium Bantiae. Il testo in lingua osca riporta lo statuto municipale del paese. Questo municipio ha avuto all’epoca ragion d’essere per la storia che l’ha preceduto e che nel corso del tempo si era evoluta fino a produrre quelle circostanze economico-sociali e politico-culturali che hanno determinato la volontà e la necessità non solo di pensare ad un ordinamento giuridico ma di farlo, poi, anche solennemente scrivere su una lastra di bronzo. L’importanza della Tabula, essendo un’opera di alta tecnologia realizzata per quello che gli archeologi continuano a far intendere che era un piccolo villaggio, supera perciò il suo ambito tipicamente circoscritto dalla disciplina storico-archeologica per approdare in quella vasta letteratura sull’elogio del piccolo che a fasi alterne ogni tanto appare sulla scena pubblica della discussione e della speculazione. Per questo la tematica "altra" alla quale rimanda la presenza della Tabula Bantina, che anche se scritta e realizzata per Bantia doveva avere un valore simbolico, politico e culturale che prescindeva lo stesso antico villaggio, è tale da porla in posizione centrale e trasversale a tutte le argomentazioni storico-divulgative sul paese e sulle vicende di più ampia portata che nel corso del tempo l’hanno interessato.


Col trascorrere dei secoli e alterne vicissitudini il municipio di Banzi è ancora qui, naturalmente sempre piccolo e geograficamente emarginato insieme al suo territorio, ma ancora esistente. La Tabula Bantina rappresenta il suo punto di forza e di contradditorietà. Per le sue caratteristiche giuridico-amministrative la Tabula Bantina Osca costituisce un classico reperto di riferimento della civiltà romana la quale, a differenza di quella greca, sottometteva le terre conquistate non solo con la forza dei suoi eserciti ma, poi e soprattutto, con l’imposizione del suo corpus legis. E’ in questo senso che si esprime Mario Zotta, rilevando che nella Tabula Bantina Osca "... è incisa la prima pagina della storia d’Italia, quale Stato unitario scaturiente dalla trasformazione dell’antica figura dello stato cittadino". Ed ancora : "Il documento, l’unico di quell’epoca, è del massimo pregio, poiché conserva il ricordo diretto di una tappa fondamentale di questa evoluzione giuridico-costituzionale. La storia di Roma è essenzialmente nella storia del suo diritto pubblico. Il segreto della sua grandezza risiede non tanto nel successo delle armi e nella espansione territoriale, quanto nella superiorità della sua condotta politico-amministrativa, poichè conservare un territorio è cosa più difficile che conquistarlo".


Naturalmente sono stati numerosi gli studi che hanno riguardato la Tabula Bantina , numerose sono quindi anche le ipotesi interpretative in merito a molti aspetti che la riguardano. Una di queste è inerente la lingua osca, in merito alla quale vi è chi sostiene che nel testo bantino la sua latinizzazione rappresenti il massimo risultato in assoluto dell’adattamento dell’osco al latino e chi, invece, ritiene che la sua forma e la sua struttura siano un’espressione dialettale locale riferibile specificamente a Bantia. La lingua osca ha comunque avuto tre sistemi grafici: uno di origine greca, l’ altro etrusco ed un altro latino. "Quest’ultimo nota un testo principe quale la tavola bantina, che è un documento eccezionale anche per le modalità della sua costituzione e pertanto non può considerarsi paritetico con gli altri due alfabeti e neppure allo stesso titolo di come l’alfabeto latino nota le iscrizioni peligne, vestine ect. ."


Da una lettura sulla Tabula Bantina risalente al XIX sec. si ricavano spunti sulle probabili abitudini dell’antica popolazione osca di Banzi. Si riporta, infatti, che la Tabula Bantina "... ha defatigati gli ingegni di Gaetano Martini, degli Accademici Ercolanensi che la pubblicarono da poi, del P.Paolino da San Bartolomeo, di Raimondi Guarino che del pari la pubblicò nel 1820; di Enrico Franchino; e da ultimo del nostro Cataldo Jannelli, che con novella interpretazione divolgò al mondo letterato contenersi in quella Tavola il costume idioetnico, e caratteristico dei nostri Osci; che, sia in ciascun anno, sia in dati periodi di tempo i nostri popoli Homophili riuniti e congregati al tempio (Fanum) di qualche patria Divinità, amichevolmente insieme banchettavano. E’ del pari certo, che in questi festivi banchetti "tribulii" molte città convenivano, quantunque non fosse facile conoscerne il numero. Però di certo erano i Bantini, indicati nel verso 20 e 28 della Tavola".


In sintesi, dunque, la Tabula rappresenta una tappa fondamentale di studio e di confronto per chiunque si avvicini allo studio della civiltà sia pre-romana che romana e, in particolare, dello stesso diritto moderno che trova nel reperto bantino un autorevole riferimento originario.



LO SCRITTO SULLA TAVOLA


  .... onom[.] ust . izic . ru .... .... suae [..] nus . q . moltam . angitu [......] nur .... .... deiuast . maimas . carneis . senateis tanginud am .... XL . osin[s] pon . ioc egmo . com . parascuster . suae . pis . pertemust . pruter . pan [..........] deiuatud . sipus . comenei . perum . dolom . mallom . siom . ioc . comono . mais . egm[as . touti] cas . amnud . pan . pieisum . brateis . auti . cadeis . amnud . inim . idic . siom . dat . sena[teis] tanginud . maimas . carneis . pertumum . piei . ex . comono . pertemest . izic . eizeic . zicel[ei] comono ni . hipid . pis . pocapi . t . post . post . exac . comono . hafiest meddis [.] dat . castrid . loufir en . eituas . factud . pous . touto . deiuatuns . tanginom . deicans . s(i)om . dat . eizasc . idic . tangineis dei cum . pod . ualaemom . touticom . tadait . ezum nep . fe(f)acid . pod . pis . dat . eizac . egmad . min[s] deiuaid . do(l)ud . malud . suaepis . contrud . exe(ic) . fefacust . auti . comono . hipust . molto . etan to . estud . n . チ チ . in . suaepis . ionc . fortis . meddis . moltaum . herest . ampert . minstreis . aeteis . eituas . moltas . moltaum . licitud . suae . pis . pru meddixud . altrei . castrous [.] auti . eituas zicolom . dicust . izic . comono ni . hipid . ne . pon . op . toutad . petirupert . urust . sipus . perum . dolom mallom . in . trutum . zico . touto . peremust . petiropert . neip . mais . pomtis . com . preiuatud . actud pruter . pan . medicat . inom . didest . in . pon posmom . con preiuatud . urust . eisu cen . ziculud zicolom . XXX . nesimum . comonom . ni hipid . suae . pis . contrud . exeic . fefacust . ionc . suaepis . herest . meddis . moltaum . licitud . ampert . mistreis . aeteis . eituas . licitud . pon . censtur (b)ansae . t(o)utam . censazet . pis . ceus . bantins . fust . censamur . esuf . in . eituam . poizad . ligud iusc . censtur . censaum . anget . uzet . aut . suaepis . censtomen . nei . cebnust . dolud . mallud in . eizeic . uincter . esuf . comenei . lamatir . pr . meddixud . toutad . praesentid . perum . dolum mallom . in . amiricatud . allo . famelo . in . ei . siuom . paei eizeis . fust . pae ancensto . fust toutico . estud . pr. suae . praefucus . pod . post . exac . bansae . fust . suae . pis . op . eizois . com atrud . ligud . acum . herest . auti . pru . medicatud . manim . aserum . eizazunc . egmazum . pas . ex . aiscen . ligis . scriftas . set . ne . phim . pruhipid . mais . zicolois . X . nesimois . suae . pis . contrud exeic . pruhipust . molto . etanto . estud . n . チ . in . suaepis . ionc . meddis . moltaum . herest . licitud [ampert.] minstreis . aeteis . eituas . moltas . moltaum . licitud . pr . censtur . bansae [ni . pis . fu]id . nei . suae . q .fust . nep . censtur . fuid . nei . suae . pr . fust . in . suaepis . pr . in . suae [pis..............]i . q. [......] um . nerum . fust . izic . post . eizuc . tr . pl . ni . fuid . suaepis ..... ust . izic . amprufid . facus . estud . idic . medicim . eizuc ..... medicim acunum . VI . nesimum ..... um . pod ..... medicim



Di seguito è riportata la traduzione di Prosdocimi, finora la più attendibile, anche se rimangono alcuni incertezze di interpretazione testuale (indicati con il simbolo dell'interrogativo, ndr). La traduzione del testo osco è la seguente:


"...se... il questore avrà irrogato la multa... giurerà di averlo fatto col consenso della maggioranza del senato, purchè non meno di quaranta siano i presenti quando la questione sarà discussa. Se qualcuno vorrà intercedere, prima (di intercedere) giurerà in comizio, scientemente senza frode, che egli impedisce quei comizi per il bene pubblico e non per il favore o l’odio contro qualcuno, e che egli fa ciò col consenso della maggioranza del senato. Non potrà tenere comizi nello stesso giorno colui al quale qualcuno impedisca i comizi in tal modo.


Chiunque, dopo questa legge, voglia tenere comizi su questioni capitali o pecuniarie (?), farà in modo che il popolo emetta la sentenza dopo aver giurato che il suo giudizio riguardo a quelle cose corrisponde a quello che egli ritiene il bene pubblico e impedirà che qualcuno giuri in malafede. Se qualcuno avrà tenuto i comizio avrà agito contrariamente a queste norme, sarà la multa di tale entità: 2000 sesterzi. Se qualche magistrato volesse multarlo gli sia consentito multare purchè in misura inferiore.


Se qualcuno *pro magisterio* avrà fissato ad un altro giorno (del comizio) per questioni capitali o pecuniarie, questi non potrà tenere i comizi se non quando avrà parlato (?) presso il popolo per quattro volte e il popolo non avrà appreso (?) il giorno stabilito (?). Quattro volte nè più di cinque egli discuterà con l’imputato prima di emettere la sentenza e quando infine avrà discusso con l’imputato da quel giorno per trenta giorni non potrà tenere comizi. Se qualcuno avrà agito contrariamente a queste norme, se qualche magistrato volesse multarlo gli sia consentito, purchè in misura inferiore, gli sia consentito.


Quando i censori di Bantia faranno il censimento del popolo, chiunque sia cittadino bantino sia censito, egli e la sua proprietà secondo quella legge con la quale i censori avranno stabilito di censire. Ma se qualcuno non si presenterà al censimento per malafede e verrà convinto di questo, *pro magisterio* nel comizio sia venduto alla presenza del popolo senza frode e in base a offerta.


L’intera famiglia e il suo patrimonio tutto quanto sarà in suo possesso che non sarà stato censito sarà pubblico.


(Il) pretore o (il) prefetto che, dopo questa legge, saranno a Bantia, se qualcuno vorrà alla loro presenza agire legalmente con un altro *pro iudicato manum asserere* intorno a quelle cose che sono scritte in queste leggi, non glielo impedirà(nno ?) entro i primi dieci giorni. Se qualcuno contrariamente a queste norme farà impedimento, sarà la multa di tale entità: 1000 sesterzi e se qualche magistrato volesse multarlo gli sia consentito (purchè) in misura inferiore, gli sia consentito.


(Nessuno sarà) pretore o censore a Bantia se non sarà stato questore, nè sarà censore se non sarà stato pretore. E se qualcuno sarà stato pretore e se (qualcuno sarà stato censore e ) questore costui in seguito non sarà tribuno della plebe. Se mai qualcuno (contrariamente a queste norme divenmterà magistrato a) Bantia. Lo sarà diventato iniquamente...".


Il parere unanimamente espresso sul testo osco è stato quello di dividere lo statuto in sei paragrafi.


1°: limitazione del diritto di intercessione;


2° e 3°: disposizioni sui comizi giudiziari (procedurapenale);


4°: disposizioni sul censo;


5°: procedura civile;


6°: cursus honorum.