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La Lucania

  Ippaso di Metaponto

È considerato la personalità più rilevante della scuola pitagorica antica dopo il fondatore Pitagora.

 


Metaponto è una frazione del comune di Bernalda in provincia di Matera. Mille persone abitano oggi quello che in realtà è stato molto tempo fa un insediamento greco (metà del VII secolo a.C.). La cittadina lucana fu per lungo tempo uno dei centri più importanti della Magna Grecia come dimostra la spiga d’oro che era raffigurata sulle monete di Metaponto: era un simbolo di fertilità delle sue terre e divenne il simbolo della città dove fino alla fine dei suoi giorni visse ed operò Pitagora, il grande matematico (ma anche legislatore e filosofo). Ma la città di Metaponto e la scuola pitagorica che vi nacque furono l’ambiente in cui si formò e molto probabilmente visse un altro grande personaggio oggi di fatto dimenticato: Ippaso di Metaponto. Non di rado confuso con Ipparco - come fa nella Stromata [V, IX, § 58] Clemente Alessandrino - e ancor più spesso ignorato da repertori bibliografici, biografici e da famose ed affermate enciclopedie, il filosofo e matematico greco è invece una figura affascinante, protagonista di scoperte matematiche e non solo.


Ippaso di Metaponto (greco: Ἵππασος Μεταποντῖνος, Ippasos Metapontinos; ... – ...) è stato un filosofo e matematico greco antico. È considerato la personalità più rilevante della scuola pitagorica antica dopo il fondatore Pitagora.


Poco è noto della vita di Ippaso; anche la provenienza da Metaponto, che gli viene generalmente attribuita, non è affatto certa. Giamblico in un luogo lo dice di Metaponto o di Crotone, mentre nel catalogo dei pitagorici lo elenca tra quelli di Sibari. Secondo lo stesso Giamblico (La vita pitagorica, 257) Ippaso avrebbe partecipato allo scontro che oppose due fazioni dei Pitagorici dopo la distruzione di Sibari (avvenuta nel 510 a.C.) ad opera dei Crotoniati, schierandosi dalla parte dei democratici. La tradizione lo dice morto in un naufragio. Giamblico gli attribuisce la descrizione del dodecaedro regolare e la dimostrazione della sua iscrivibilità in una sfera, aggiungendo che, avendo divulgato queste nozioni all'esterno della scuola, contrariamente alle prescrizioni di Pitagora, per la sua empietà morì in un naufragio. Poiché la stessa colpa e la stessa punizione viene anche attribuita da Giamblico al pitagorico che aveva divulgato la scoperta dell'incommensurabilità, si suppone generalmente che Ippaso avesse divulgato, e forse scoperto, anche l'esistenza di grandezze incommensurabili. Kurt von Fritz ha sostenuto l'ipotesi che la scoperta potesse essere in relazione con la costruzione del pentagono regolare e del dodecaedro basato su questa figura: Ippaso si sarebbe imbattuto nel primo rapporto tra grandezze incommensurabili studiando la sezione aurea che appare nella costruzione di entrambe le figure. La maggioranza degli studiosi ritiene tuttavia più probabile che il primo caso dimostrato di incommensurabilità sia stato quello tra lato e diagonale di un quadrato. A Ippaso o alla sua scuola è anche attribuita (tra gli altri da Boezio e Teone di Smirne) la scoperta che gli accordi musicali fossero basati su semplici rapporti numerici: una nozione che svolse un importante ruolo nella scuola pitagorica e che altri autori attribuiscono allo stesso Pitagora. Vari autori (tra i quali Aristotele nella Metafisica) associano Ippaso ad Eraclito attribuendo ad entrambi la dottrina che privilegia il fuoco come principio. Secondo il lessico Suida Eraclito sarebbe stato scolaro di Ippaso. Secondo più fonti Ippaso sarebbe stato il capo degli acusmatici (ossia i pitagorici che potevano solo ascoltare e neanche potevano contestare ciò che diceva il maestro). Diogene Laerzio riferisce due diverse opinioni sulle eventuali opere di Ippaso: secondo alcuni non avrebbe lasciato nulla di scritto, mentre altri gli avrebbero attribuito un Discorso mistico, che sarebbe stato composto in opposizione al caposcuola Pitagora. Scrive il filosofo greco Proclo: “I pitagorici narrano che il primo divulgatore di questa teoria [degli irrazionali] fu vittima di un naufragio; e parimenti si riferivano alla credenza secondo la quale tutto ciò che è irrazionale, completamente inesprimibile e informe, ama rimanere nascosto; e se qualche anima si rivolge ad un tale aspetto della vita, rendendolo accessibile e manifesto, viene trasportata nel mare delle origini, ed ivi flagellata dalle onde senza pace”. Il “traditore” fu Ippaso di Metaponto. La reazione dei pitagorici fu durissima: fu bandito e gli fu costruito, quantunque ancora in vita, un monumento funebre. Morì poco tempo dopo vittima di un naufragio, secondo la leggenda, per volere di Zeus adirato. Ma la conoscenza non lascia nulla nascosto. Così nacquero i numeri irrazionali. Sono quei numeri che non sono esprimibili con un rapporto di interi, come le radici quadrate, cubiche, come la sezione aurea o il pi greco. Sono quei numeri il cui sviluppo decimale, ossia dopo la virgola, procede all’infinito.


La crisi della scuola pitagorica La scoperta, tenuta segreta, delle grandezze incommensurabili, come ad esempio l'incommensurabilità della diagonale con il lato del quadrato, causò la crisi di tutte quelle credenze basate sull'aritmogeometria, sulla convinzione che la geometria trattasse di grandezze discontinue come l'aritmetica. La leggenda narra che Ippaso di Metaponto avesse rivelato questa segreta difficoltà, confermata dal fatto che l'aritmogeometria non riusciva a risolvere i paradossi del continuo e dell'infinito che per es. erano alla base delle argomentazioni di Zenone di Elea. L'aritmetica e la geometria si divisero e divennero autonome. La crisi della scuola si originava anche da motivi politici: i pitagorici sostenitori dei regimi aristocratici che governavano in numerose città della Magna Grecia furono travolti dalla rivoluzione democratica del 450 a.C. e furono costretti a cercare rifugio in Grecia dove fondarono la comunità pitagorica di Fleio o si stabilirono a Taranto dove con Archita rimasero fino alla metà del IV secolo a.C. A Siracusa operarono Ecfanto e Iceta, a Tebe Filolao, Simmia e Cebete, a Locri Timeo. Questa è la storia di Ippaso da Metaponto, scopritore della maglia che non tiene: di quei numeri che non sono esprimibili come rapporto di numeri interi perchè il loro sviluppo nella parte decimale, ossia dopo la virgola procede all’infinito (le radici quadrate, cubiche, la sezione aurea, il pi greco…). Ippaso di Metaponto dimostrò quindi un grande coraggio nel portare avanti le proprie teorie e nel difenderne la veridicità e la fondatezza. Egli, come si legge nella Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli [Napoli, N. Gervasi, 1817] aveva un carattere forte e deciso, frutto della sua convinzione che «il fuoco fosse Dio» e che «tutto nasceva dal fuoco». Una romantica convinzione che lo portò senza compromessi a difendere strenuamente le proprie scoperte. Anche nella libera e democratica Grecia antica, come si evince dalla vicenda di Ippaso, le minoranze scomode e illuminate non hanno mai avuto vita facile... Ieri come oggi per la verità è sempre dura emergere...



L'irrazionalità di radice di 2: uno scandalo filosofico!


L’applicazione del famoso teorema ad una delle figure geometriche più semplici e simmetriche, il quadrato, unitamente ad un altro celebre risultato dei pitagorici ossia la separazione degli interi in numeri pari e numeri dispari, abbia condotto allo scandalo logico dell’incommensurabilità.



Fig. 1 Nel quadrato di lato unitario, 1 rappresenta la lunghezza del lato ed è, sulla retta numerica, la distanza dall'origine. La diagonale è lunga √2, ma è anche la distanza dall'origine, un numero che per i pitagorici non aveva diritto di esistere. Per loro, non trovava posto sulla retta numerica dove c'erano soltanto numeri interi e frazioni. Ma in questo modo scoprirono che la retta... era in realtà piena di buchi, molti inspiegabili buchi, fra un numero e l'altro. Se un quadrato ha lato 1, il quadrato costruito sulla sua diagonale misura 2, ma quanto è lunga questa diagonale rispetto al lato? Per questa dimostrazione, per la sua eco enorme e per l’ardire di averla divulgata il pitagorico Ippaso di Metaponto perse la vita in un naufragio, i pitagorici persero le loro certezze circa la coerenza dell’universo ed il concetto di infinito della filosofia greca venne rivoluzionato. In effetti per i pitagorici: "tutto è numero" ovvero ogni cosa può essere ridotta a una relazione numerica. E per i pitagorici i numeri erano soltanto i numeri interi e questi erano il principio di tutte le cose. Essi affermavano: “tutte le cose che si conoscono hanno numero; senza questo nulla sarebbe possibile pensare o conoscere.”


Tradizionalmente si dice che Ippaso di Metaponto produsse una argomentazione (probabilmente con considerazioni geometriche) dell'irrazionalità della radice quadrata di 2 scoprendo i numeri irrazionali mentre tentava di rappresentare la radice quadrata di 2 come frazione.


Fig. 2 La dimostrazione geometrica dell'irrazionalità di √2


La dimostrazione geometrica si si basa sul fatto che se due segmenti L e D sono commensurabili, e L

L’altra dimostrazione pervenutaci è quella di cui ci parla Aristotele e fa riferimento alla distinzione tra numeri pari e numeri dispari. Siano d ed l la diagonale ed il lato di un quadrato e supponiamo che siano commensurabili, ossia che il loro rapporto d/l sia un numero razionale m/n, con m ed n numeri reali privi di fattori comuni. Per il teorema di Pitagora si ha che d2 = l2+l2 ossia (d/l)2 = 2, ma d/l = m/n, per cui (m/n)2= 2, cioè m2= 2n2. Pertanto m2 è pari e quindi m è pari. Se poniamo m = 2p si ha che 4p2 = 2n2 da cui otteniamo che anche n dovrebbe essere pari contro l’ipotesi che m ed n non avessero fattori in comune. Ne segue che l’ipotesi della commensurabilità tra diagonale e lato di un quadrato è falsa.


Dunque la non esistenza di √2 esigette una dimostrazione: una dimostrazione di impossibilità! Infatti era emerso che esistono cose nella realtà, che non sono contemporaneamente conoscibili e questa scoperta rompe il connubio tra costruzione e misura perché la realtà è più estesa di ciò che è razionale e per certe grandezze non esistono numeri per indicarle, esse sono inesprimibili (erano chiamate alogon); inoltre il numero irrazionale sembrava contraddire la verità per cui nulla esiste se non ciò che è attuale: infatti, pur sembrando sprovvisto di un'esistenza attuale (non può essere esibito come l'insieme di tutte le sue cifre), esso rappresenta indubbiamente qualcosa.