I Romani vi fondarono una colonia militare nel 291 a.c., che si sviluppò e diede i natali ad uno dei suoi più grandi poeti classici, Orazio Flacco. Un parco archeologico annovera i resti della Venusia romana: al suo interno sono visibili le rampe d'accesso, parte dell'arena di un grande anfiteatro, la vicina abbazia medioevale della Ss. Trinità, un complesso di terme, zone dell'abitato, con case, botteghe e alcune tombe.
Nei pressi di Potenza vi sono due località che conservano numerose tracce lasciate dagli antichi Lucani, tribù di pastori e contadini di stirpe sannitica.
Serra e Rossano di Vaglio
Vaglio Basilicata, si erge su un pianoro a 1.000 metri di quota sopra al monte Serra San Bernardo. in antichità l'abitato era cintato da una muraglia lunga 7 km, all'interno della quale sono stati rinvenuti i resti di un tempio e di molti edifici. Nelle parti basse del monte è stato scoperto poco tempo fa un villaggio neolitico che presenta i segni delle successive penetrazioni di greci e lucani.
Il santuario di Rossano di Vaglio è il più importante luogo sacro per i Lucani, costrutito nel al IV sec. a.c. in onore della dea delle acque Mefite. Vicino alla sorgente sacra era presente una grande vasca che dava irrigazione alle cisterne e al bacino lustrale del tempio. I bronzetti, le statuine e le placche ritrovate al suo interno contengono iscrizioni in lingua oscolucana.
Metaponto.
Metaponto è una frazione del comune di Bernalda in provincia di
Matera. Ha circa 1000 abitanti, che incrementano durante la
stagione estiva, infatti nei quattro mesi che vanno da giugno
a settembre si calcola che vi siano circa trecentomila presenze;
Metaponto è infatti ora un rinomato centro balneare con
numerosi complessi turistici e locali. Sorge nella pianura a
cui essa la città stessa dà il nome, il metapontino,
tra i fiumi Bradano e Basento. Fino al 1930, anno in cui fu
acquisita da Bernalda, Metaponto e il territorio circostante
appartenevano al territorio comunale di Pisticci.
Metaponto, Antica (Metapontion, Metapontum) Sede del Santuario di Hera VI secolo a. C.
Metaponto fu fondata da coloni
greci dell'Acaia intorno alla metà del VII secolo a.C.,
diventando molto presto una delle città più importanti
della Magna Grecia. Secondo lo storico Strabone, Metaponto fu
fondata da Nestore di ritorno dalla guerra di Troia. La ricchezza
economica della città proveniva principalmente dalla
fertilità del suo territorio, testimoniata dalla spiga
d'oro che veniva raffigurata sulle monete di Metaponto e che
divenne il simbolo stesso della città e che essa inviava
in dono a Delfi. Metaponto stabilì un'alleanza con Crotone
e Sibari e partecipò alla distruzione di Siris. Nel 413
a.C. aiutò Atene nella sua spedizione in Sicilia. Durante
la Battaglia di Heraclea del 280 a.C. si alleò invece
contro Roma con Pirro e Taranto. Quando Roma vinse definitivamente
la guerra contro Pirro, Metaponto fu duramente punita e alcuni
esuli metapontini trovarono rifugio a Pistoicos, unica città
che era rimasta fedele a Metaponto durante la guerra. Nel 207
a.C. offrì ospitalità ad Annibale e i romani la
punirono nuovamente, distruggendola. Divenne allora città
federata riacquistando il suo splendore intorno al I secolo
a.C. L'espansione urbana della città continuò
fino all'età romana, che coincise con la decadenza e
col progressivo abbandono della città, che venne lentamente
ricoperta dai sedimenti alluvionali dei fiumi. A Metaponto visse
e operò Pitagora che vi fondò la sua scuola. A
poca distanza dalla città moderna è situata l'area
archeologica di Metaponto con le sue rovine tra cui spiccano
le celeberrime Tavole Palatine e il Museo Archeologico Nazionale
di Metaponto.
Grumetum.
Fu un'antica città romana della Lucania. Attualmente rimangono
gli scavi del parco archeologico di Grumentum, situato ai piedi
del colle che ospita il paese di Grumento Nova (PZ), in località
Spineta.
I primi insediamenti abitativi nella zona si possono far risalire
al VI secolo a.C., tuttavia la fondazione della città
vera e propria risale al III secolo a.C. ad opera dei Romani,
nell'ambito della creazione di una serie di avamposti fortificati
in posizione strategica realizzata durante le guerre sannitiche.
Il sito si trovava infatti all'incrocio di due importanti assi
viari: la via Herculea, da Venosa (Venusia) e Potenza (Potentia)
verso Heraclea o Taranto, e la via Popilia verso Lagonegro (Nerulum)
dove incrociava la strada che tra Capua e Reggio.
Durante la seconda guerra punica a Grumentum si svolsero due
battaglie tra Romani e Cartaginesi (215 e 207 a.C.). Lo storico
Tito Livio narra del primo scontro tra Annone, fratello di Annibale
e l'esercito romano condotto da Tiberio Sempronio Longo, e di
come nel secondo Annibale si fosse accampato a ridosso delle
mura della città e fosse quindi stato sconfitto e costretto
alla fuga dai Romani, provenienti da Venosa e guidati da Claudio
Domizio Nerone.
Durante la guerra sociale la città si schierò
con i Romani e venne distrutta e saccheggiata dagli Italici
e attraversò un periodo di crisi e di calo demografico.
A partire dalla seconda metà del I secolo a.C. la città
venne ricostruita, e una serie di monumenti pubblici vennero
edificati in epoca cesariana e augustea. A quest'epoca, o al
successivo periodo giulio-claudio risale probabilmente l'attribuzione
dello statuto di colonia.
Nel 370 divenne sede episcopale, ma subito dopo inizia un progressivo
abbandono della città e del fondovalle: a causa delle
incursioni saracene (IX e X secolo), viene fondata nel 954 una
nuova città ("Saponara" o "Saponaria",
l'attuale Grumento Nova) sulla collina sovrastante.
L'area archeologica.
L'impianto urbanistico della città, risalente alla fondazione
del III secolo a.C. è di forma allungata, in dipendenza
dalle condizioni orografiche della collina, e si articola su
tre vie principali parallele, intersecate ad angolo retto da
vie secondarie. La città era circondata da mura con sei
porte, su un perimetro di circa 3 km e occupava una area di
circa 25 ettari, di cui solo un decimo è stato riportato
in luce.
I resti più rilevanti sono attualmente suddivisi in tre
zone monumentali:
• teatro di epoca augustea, vicino al quale si trovano
i resti di due piccoli templi di epoca imperiale e quelli di
una ricca domus, denominata "Casa dei mosaici" per
la presenza di pavimenti a mosaico del IV secolo in alcuni ambienti;
• foro chiuso da portici e con resti di due templi sui
lati sud e nord, identificati ipoteticamente con il capitolium
(principale tempio cittadino) e con un cesareum (tempio dedicato
al culto imperiale). Sul lato ovest si trovano i resti di una
basilica e forse di una curia (luogo di riunione del consiglio
cittadino). Nei pressi del foro si trovano anche i resti di
un edificio termale.
• resti dell'anfiteatro costruito sulle pendici della
collina nel I secolo a.C. e modificato in epoca imperiale.
Fuori dalle mura si sono rinvenute inoltre tombe monumentali,
una basilica paleocristiana e un acquedotto.
Molti dei reperti e delle testimonianze qui trovate sono custodite
nel Museo Nazionale dell'Alta Val d'Agri, sorto nei pressi dell'area
archeologica.
Policoro.
L’attuale Policoro si è dunque sviluppata in anni recenti, a partire,
cioè, dagli anni ‘50
con la riforma agraria e con l’autonomia comunale, ottenuta
nel 1959. Ma affonda le sue radici nella Magna Grecia, preceduta
sull’attuale territorio, anticamente conosciuto come Siritide,
prima da Siris e poi da Heraclea.La Siritide era la zona compresa
tra l'Agri e il Sinni fino al promontorio di S. Maria di Anglona.
Mare, pianura, collina e tanta acqua per la presenza di fiumi
e sorgenti, garantivano sviluppo agli insediamenti umani, tant’è
che prima della colonizzazione greca, la zona era già
abitata dalle popolazioni enotrie con numerosi centri, tra cui
il più importante fu Pandosia, ubicato nell’attuale
territorio di S. Maria di Anglona.
Arrivano i greci.
I greci, in presenza di questo grande potenziale economico, scelsero
appunto l’area costiera tra Agri e Sinni per la fondazione
di Siris. Secondo Strabone (I sec. a. C.), Siris fu fondata
agli inizi dei VII secolo a. C. alla foce del Sinni da un gruppo
di esuli greci di stirpe ionica, provenienti dalla Turchia,
precisamente da Colofone. Ma la ricerca archeologica non ha
rinvenuto alcuna testimonianza di Siris nelle vicinanze del
Sinni, mentre tracce di un insediamento fortificato identificato
con Siris, sono state individuate sulla collina del castello
di Policoro, al disotto dell’abitato di Heraclea. Sempre
nell’attuale abitato di Policoro sono stati recentemente
individuati alcuni piccoli nuclei di strutture abitate riferibili
al periodo di Siris.
Con la distruzione di Sibari nel 510 a. C. che si era annessa l’area
tra l’Agri e il Sinni con un intervento militare contro
Siris, il territorio della Siritide viene conteso da Thourioi
(città sorta da Sibari dopo la sua distruzione) e Taranto.
Dopo alterne vicende belliche, nel 434/433 a. C., Taranto, all’apice
della sua potenza , vi fonda Heraclea, secondo quanto riferiscono
Strabone e Diodoro. La nuova città, che deriva il suo
nome da Ercole, il mitico eroe delle dodici fatiche, eredita
da Taranto le istituzioni politiche e la lingua, divenendo un
importante centro.
Heraclea, capitale della Magna Grecia.
Nel suo primo periodo di vita, Heraclea occupò la collina
del Castello con un impianto urbano regolare. Verso gli inizi
del IV secolo a. C. si estese a sud nei pianoro sottostante,
in parte occupato attualmente dal tessuto urbano moderno, e
fu difesa da un muro di fortificazione e da un fossato, come
testimoniano i reperti archeologici. Un tratto delle sue mura
è visibile davanti all’ingresso dell’ufficio
postale.
La città ebbe una florida economia, basata sui prodotti
naturali del suolo, in particolare cereali, olio, vino. Non
risulta che abbia avuto forti interessi sul mare.
Nel 374 a. C. Heraclea divenne capitale delle altre città
greche, ossia della Lega Italiota, al posto di Thourioi, caduta
in mano ai Lucani. In coincidenza con questo avvenimento, il
più importante nella storia della città, Heraclea
visse il periodo di maggior splendore politico.
Le monete eracleensi.
Nel 338 a. C. Heraclea subì l’occupazione delle popolazioni
indigene dell’interno, i Lucani, ma venne liberata da
Alessandro il Molosso, re dell’Epiro, alleato delle città
magno-greche. intorno al 326 a. C., Heraclea, che fino ad allora
aveva vissuto sotto la protezione di Taranto, divenne città
libera, si governò con leggi proprie, diffuse le sue
monete con l’effigie di Ercole con la clava e il leone
nemeo (una delle sue dodici fatiche), scelta come simbolo dell’attuale
città e riprodotta sullo stemma comunale.
Nel 280 a. C., Heraclea si trovò coinvolta nella guerra tra
Roma e Taranto. Sul suo territorio, e più precisamente
presso l’attuale Panevino, si svolse la famosa battaglia
in cui Pirro sbaragliò i romani con i suoi elefanti.
La città ne rimase devastata: il suo territorio, a poco
a poco, finì per cadere in uno stato di abbandono, nel
quale prosperò l’abusivismo con l’occupazione
illegale dei terreni, appartenenti ai santuari di Atena e Dioniso.
Le Tavole di Heraclea.
Con la pace ritrovata, si attuò un riordinamento delle aree
demaniali per restituire ai santuari le proprietà di
un tempo, attraverso un nuovo rilevamento catastale e con la
definizione dei contratti per regolarizzare la locazione delle
terre sacre, affidate a privati cittadini.
I testi, in lingua greca, furono trascritti su due tavole di bronzo,
dette appunto di Heraclea, rinvenute nel 1732 in località
Acinapura. Sono conservate nel Museo Archeologico di Napoli.
Un aspetto interessante di questi atti pubblici è costituito
dalla distinzione che essi fanno tra locazione di tipo enfiteutico,
cioè a lungo termine per i terreni di Dioniso e locazione
a scadenza quinquennale per le terre di Atena, ritenute più
fertili.
La riforma agraria nell'antichità.
Le Tavole di Heraclea sono considerate un documento importante
per la conoscenza delle forme di organizzazione e sfruttamento
del territorio agricolo, per la storia linguistica, costituzionale,
sociale e per lo studio dei sistemi agricoli non soltanto di
Heraclea, ma di tutta la Magna Grecia.
Il retro delle Tavole è stato usato per la stesura di una
legge romana, la “Lex Julia Municipalis”.
Le Tavole bronzee di Heraclea sono unanimamente considerate un
esempio di riforma agraria, attuata nell’antichità
sullo stesso territorio in cui ventiquattro secoli dopo sarà
attuata la riforma agraria degli anni ‘50, che ha originato
l’attuale sviluppo di Policoro.
Nel corso della seconda guerra punica, Livio, considerato uno dei
più grandi “cronisti” dell’epoca, ci
ha informato che Annibale requisì grano ad Heraclea per
il suo esercito.
La decadenza di Heraclea.
Nella tarda età repubblicana, Heraclea fu sconvolta da tumulti
sociali (Cicerone, Pro Archia) ed anche nel 72 a. C. è
turbata dal passaggio di Spartaco. La popolazione abbandonò
la parte bassa della città, trovando rifugio nella parte
alta.
In età imperiale, Heraclea è ormai in piena decadenza
e sopravvive come piccolo borgo fino al V secolo dopo Cristo.
In quel periodo, il mondo magno-greco andò soggetto ad
una grave crisi economica, da cui non fu risparmiata neppure
Heraclea.
La città fu abbandonata e i pochi abitanti sopravvissuti
trovarono rifugio e si sistemarono nella parte alta della collina,
intorno ad un nucleo abitato che nel periodo medioevale sarà
denominato Polychorium.
Il Museo e i reperti fanno rivivere la Magna Grecia.
In coincidenza con l’autonomia comunale, una missione archeologica
dell’Università di Heidelberg, diretta dal prof.
Bernhard Neutsch, effettuò i primi sondaggi per portare
alla luce l’antica Heraclea. In molti anni di sondaggi
e scavi, Neutsch fece importanti scoperte per la conoscenza di
Siris ed Heraclea. Per i molti meriti acquisiti, all’archeologo
tedesco fu conferita la cittadinanza onoraria nel 1967.
I sondaggi si trasformarono in vere e proprie campagne di scavo
con l’istituzione della Soprintendenza Archeologica della
Basilicata, presieduta dal prof. Dinu Adamesteanu, archeologo
di fama internazionale. Ha inaugurato l’albo d’oro
dei “cittadini illustri”, istituito nel 1994 dal
Consiglio Comunale. Alla sua opera instancabile va ascritto
il merito della realizzazione del Museo Nazionale della Siritide,
nel parco archeologico, inaugurato nel 1969.
Il Museo, con i suoi reperti, racconta la storia delle città
di Siris ed Heraclea, da cui Policoro trae le sue origini, la
fase vissuta dai greci e dai principali popoli Italici, Enotri
e Lucani, che abitarono nell’area comprendente i bacini
fluviali dell’Agri e del Sinni o, per rifarsi alla terminologia
letteraria greca, nella Siritide e nel suo retroterra. Documenta
la storia economica, sociale e culturale di quel periodo e i
processi di acculturazione dei popoli italici, a contatto con
l’avanzata cultura greca.
Gli antenati, ovvero gli eracleoti e le eracleote.
Attraverso i reperti conservati nel Museo possiamo conoscere la storia,
il costume, l’arte, la cultura di un territorio che ha
ospitato tante civiltà. Ci fa conoscere in particolare
i primi abitatori di Heraclea - Policoro.
Gli eracleoti e le eracleote non erano molto aitanti: gli uomini
erano alti mediamente mt. 1,61 e le donne 1,59. I primi trascorrevano
molto tempo in palestra per curare il loro fisico, mentre le
donne davano libero sfogo alla loro vanità con unguenti,
belietti, monili e specchi.
Si consumavano molti farinacei e poca carne. Le attività?
Prevalente l’artigianato. In particolare si lavorava il
metallo, ma era molto diffusa anche l’arte pittorica,
testimoniata dai vasi a figure rosse del “pittore”
di Heraclea - Policoro, Zeusi. Tutti erano molto religiosi,
praticanti e devoti agli dei.
Heraclea cede il posto a Policoro.
I primi documenti che riportano il nome di Policoro, che in greco
significa territorio ampio, ed è perciò probabile
che stesse ad indicare la pianura dominata dalla collina su
cui Policoro sorgeva, risalgono agli inizi del XII secolo e
riguardano Albereda, sorella di Ugo di Chiaromonte e moglie
di Riccardo Siniscalco, denominata signora di Colobraro e Policoro.
Alla sua morte Policoro passò ai nipoti, i quali nel
1126 confermano i privilegi al Monastero greco di S. Elia di
Carbone. Dall’atto si desume che anche prima dell’anno
1000 esisteva un casale, con chiesa ed un monastero basiliano,
con la indicazione “nella città di Policoro”.
Nel 1214 Policoro passò, per donazione, da Raimondo il Guasto
al Monastero del Sagittario, uno dei tre grossi centri monastici,
ubicati nell’area del Pollino.
Nel 1232 Federico II di Svevia sostò a Policoro durante
la spedizione contro le città ribelli della Sicilia.
Aree archeologiche
Area archeologica di Grumentum
L'area archeologica di Grumentum è inserita in un ambito paesaggistico di eccezionale suggestione in cui sono articolati gli spazi pubblici e privati della città romana, fondata nel III secolo a.C.: il teatro, il tempietto italico e la domus con mosaici.
Area archeologica di Herakleia
L'area archeologica comprende l'acropoli della città di Herakleia, fondata nel 433/32 a.C., e i santuari urbani. E' parzialmente in luce l'impianto urbano ortogonale, sui cui assi si dispongono le unità abitative costituite da ambienti residenziali.
Area archeologica di Metaponto
L'area archeologica della città di Metaponto, fondata dagli Achei durante la seconda metà del VII sec. a.C., comprende il santuario urbano, parte dell'agorà e l'asse viario nord-sud su cui s'imposta l'intero impianto urbano.
Area archeologica di Venosa
L'area archeologica racchiude i resti monumentali della colonia latina di Venusia (fondata nel 291 a. C.) dal periodo repubblicano all'età medievale. Sono presenti grandi complessi pubblici, quale l'impianto termale realizzato nel I sec. d.C. e ristrutturato.
Bernalda (Matera) - Parco Archeologico
dell'area urbana dell'antica Metaponto
L’impianto urbanistico, risalente al VI secolo, risulta
regolare, caratterizzato da strade perpendicolari alla costa che
ne incrociano altre ad angolo retto e organizzate su assi
principali. Si possono vedere i resti del santuario costituito
di tre templi: il tempio C, dedicato a una divinita' sconosciuta,
edificato all’inizio del VI secolo a. C. e risistemato
successivamente; il tempio
dedicato ad Apollo, edificato nel 580 a. C. (del tempio
restano lo sviluppo perimetrale della base su cui poggiavano le
colonne, frammenti della cella e rocchi di colonne doriche); il
tempio B, dedicato a Hera, identificabile da iscrizioni su
frammenti di decorazione, edificato nel 570 a. C. . E’ possibile
osservare i resti di altri tre templi e altari. Si trovano anche
i resti di un castrum romano, in uso fino al VI secolo d. C.
Le principali necropoli di Metaponto sono
ubicate lungo le principali vie di accesso alla citta', in aree
immediatamente esterne alla fortificazione in blocchi squadrati
che delimitava lo spazio urbano. La necropoli di localita'
Crucinia si caratterizza per la monumentalita' delle sepolture,
del tipo a sarcofago con cassa e copertura in blocchi squadrati.
L'area archeologica del tempio di Apollo Licio
Il Parco Archeologico dell'area
urbana di Metaponto
Area archeologica del tempio di Hera, noto come
Tempio delle Tavole
Palatine
L'area archeologica della
necropoli di Crucinia
Grumento nova (Potenza) - Area archeologica di Grumentum
L'abitato di Grumentum romana, sorto probabilmente nel corso dei
III secolo a.C. occultava una bassa collina alla confluenza fra
il fiume Agri e il torrente Sciaura, che godeva di una posizione
privilegiata anche all'interno della viabilita' antica della
Lucania meridionale.
Dei suoi resti, conservatisi
grazie al trasferimento dei centro medievale sul vicino colle su
cui sorge ancor oggi Grumento Nova, sono oggi visibili tre
complessi monumentali. Procedendo da Sud verso Nord, il primo e'
costituito da un teatro (sorto in eta' Augustea e successivamente
ristrutturato) cui sono contigui due tempietti di eta' imperiale
ed una abitazione patrizia denominata "casa dei mosaici" per i
pavimenti musivi di alcuni ambienti (11 IV secolo d.C.). Il
secondo corrisponde all'area dei Foro antico, sui cui lati nord
e sud si affrontano il c.d. Capitolium ed il presunto "cesareo';
altri edifici pubblici (una basilica e forse la curia) sorgevano
sul lato ovest, mentre il resto dei perimetro era chiuso da
portici. All'estremitA' settentrionale della collina sono
visibili i resti dell'anfiteatro, la cui costruzione fu iniziata
nel I secolo a.C., e che fu oggetto di rifacimenti in eta'
imperiale.
L'abitato era percorso in tutta la sua lunghezza da strade
basolate, una e'
percorribile per un tratto nei pressi del teatro.
Area Archeologica dell'Incoronata
Area Archeologica
dell'Incoronata, detta anche Incoronata - San Teodoro, e' un'area
archeologica situata in territorio di Pisticci, in localita' San
Teodoro.
E' un'area collinare sulla riva destra del Basento interessata da
scavi archeologici che hanno portato alla luce i resti di un
villaggio enotro risalente al IX secolo a.C. e del villaggio
greco che fu costruito in seguito sopra il villaggio enotro e
distrutto tra il 640 a.C. e il 630 a.C. a causa delle rivalita'
tra Metaponto e Siris.
Sono ora visitabili i resti della cittadina, mentre gli oggetti
e i vari reperti rinvenuti nei dintorni sono esposti al Museo
Archeologico Nazionale di Metaponto, a cui compete
l'organizzazione delle visite dell'area dell'Incoronata.
Policoro (Matera) -
Area archeologica
di Herakleia
Heraklea e' caratterizzata da un impianto urbanistico regolare di
forma quadrangolare; gli assi viari assecondano la pendenza del
terreno. Della citta', circondata da mura edificate nel IV a. C.,
si possono ammirare i resti di un tempio, di un santuario
dedicato a Demetra composto da edifici di modeste dimensioni da
cui proviene materiale votivo e resti di abitazioni e di fornaci
dove si producevano oggetti ex voto di terracotta e ceramica di
uso domestico.
L'area archeologica di Siris - Herakleia
Il parco archeologico di Pomarico (Matera)
Il sito di
Pomarico vecchio
A 3 Km. dal corso del fiume Basento sul
pianoro di Pomarico Vecchio e' testimoniata la presenza dell'uomo
nel corso del VI sec. a.C. da reperti mobili e da un’area di
necropoli ubicata presso la fonte S. Giacomo.
Tricarico (Matera) - L'area archeologica di Tricarico
Nel territorio di
Tricarico numerosi siti testimoniano un'intensa presenza umana
in epoca antica, determinata da vari elementi tra cui la
locazione degli abitanti su alture facilmente difendibili tra le
vallate del Bradano e del Basento e' un ricco e complesso sistema
viario che collegava tra loro la costa ionica e tirrenica.
In particolare, di grande rilievo sono le due citta' fortificate
ubicate nella localita' "Serra del Cedro" (a 4 Km. dal
paese lungo la SS. 7) e "Piano della Civita" (a 11Km. da
Tricarico, in direzione Potenza - valico Tre Cancelli, nel bosco
di Fonti) che fanno parte del sistema dei centri fortificati
costruiti dai lucani nel IV sec. a.C., per proteggere le
comunita' in occasione dei periodici scontri con le colonie
greche.
L'Area archeologica in localita'
Civita
L'area archeologica in localita'
Serra
L'area archeologica di Serra S. Bernardo e' posta a 1095 metri
sul livello del mare. Cio' che e' stato riportato alla luce
corrisponde ad una parte minima dell'abitati indigeno,
probabilmente appena il 5%. Sono visibili le zoccolature dei
muri, in pietre a secco, su cui si alzava l'elevato in argilla e
paglia, il lungo asse viario centrale dell'abitato, i resti di
un'area pubblica e le mura.
L'area archeologica in localita' Rossano
Vaglio di Basilicata (Potenza)
Il Santuario e l'Area archeologica in localita' di Rossano
Visitando il santuario di Rossano, cosi' come accade per il sito
di Serra, lo sguardo rimane colpito dal suggestivo connubio tra
natura ed artificio. I resti del tempio sono esaltati da una
fitta macchia di querce e la natura E' impreziosita dai segni
indelebili di un magnifico passato.
In questo luogo sopraelevato, i Lucani
eressero il loro santuario federale, il piu' importante centro
religioso dedicato alla dea Mefitis, divinita' osca connotata dal
potere di guarire con l'acqua.
Venosa (Potenza) - Parco archeologico di Venosa
L’area archeologica attualmente visibile si trova nei pressi
dell’abbazia della Trinita'. Le strutture conservate non si
riferiscono all’abitato di epoca repubblicana, bensi' alle
abitazioni di epoca imperiale. Ben visibile e' una strada, con
resti cospicui della pavimentazione, che circoscrive l’area
delle terme, databili al II-III secolo d.C. Della ricca
decorazione musiva, che copriva i pavimenti dell’edificio
termale, restano pochi frustuli solo nel frigidarium, con la
rappresentazione di Teti che tiene il timone. Oltre la strada si
trovano resti di case private.
Nella stessa zona in epoca paleocristiana venne edificata una
basilica, databile al V secolo d.C., cui era annessa una
necropoli, che oblitera i quartieri abitativi di epoca
imperiale. Molte delle iscrizioni provenienti dall’area sono
state murate nei muri perimetrali dell’abbazia della Trinita',
che domina l’area archeologica.
Dalla parte opposta della strada moderna, che costeggia gli
scavi, si trovano resti dell’anfiteatro, ripetutamente scavato a
partire dall’ottocento. La struttura, oggetto di spoliazioni
ingenti gia' in epoca tardoantica, e' malamente conservata,
soprattutto a causa delle distruzioni operate dai benedettini in
epoca medievale, a favore della costruzione dell’antistante
abbazia, in gran parte innalzata sfruttando materiali di
reimpiego di ogni genere. Nel castello medievale, al centro della citta'
moderna, sono raccolti i materiali archeologici provenienti
dagli scavi urbani e dai dintorni.
A 9 Km. dalla citta' di Venosa e' ubicata in localita' Notarchirico una tra le piu'
importanti aree archeologiche europee riferibili ad un
insediamento paleolitico.
Sono visibili i resti di un antico bacino lacustre e con le
attivita' di caccia che si svolgevano lungo le rive. In questo
sito e' presente una sovrapposizione stratigrafica con undici
livelli databili tra 600.000 e 300.000 anni fa.
Alla ricerca delle strade e degli insediamenti antichi della Lucania.
Cacciatori di elefanti di Atella
Le ricerche in corso nel bacino di Atella in Basilicata hanno portato
all'individuazione della linea di costa di un grande lago
pleistocenico esistente in un intervallo di tempo compreso tra
740 e 500 mila anni fa...
La via romana Regio-Capuam, da Salernum ad Anni Fornum
La romanizzazione dell’Italia meridionale avvenne soprattutto
grazie a due strade di penetrazione: la via Appia e la via
Regio-Capuam. Quest'ultima andava da Capua fino a Reggio
Calabria ed assicurava a Roma il dominio della Campania
occidentale, della Lucania e del Bruzio (attuale Calabria) ed il
controllo militare e la penetrazione economica nell’Italia
meridionale...
Banzi: Un Museo all'aperto.
Frammenti di storia
I “Frammenti di storia”
in mostra provengono
dagli scavi archeologici effettuati negli anni scorsi a Banzi, l'antica
Bantia, la citta' osco-sannitica delle terme di Romanius, del
Fons Bandusiae,
della tabula bantina osca e del
templum auguraculum, oggi
piccolo paese Lucano.
La Regio III: Lucania et Bruttii
La terza regione dell'Italia augustea era delimitata dal fiume
Bradanus (Bradano) che la separava dall'Apulia a nord-est, e dal
corso inferiore del Silarus (Sele), che costituiva il confine
con la Campania a nord-ovest. Come indica anche la sua
denominazione, la regio III presentava due subregioni ben
distinte, la Lucania, corrispondente grosso modo all'odierna
Basilicata, e la regione dei Bruttii, che corrisponde
all'incirca alla moderna regione della Calabria...
I Greci in occidente.
Nobili e guerrieri nel Materano
Materiali dall'omonima mostra tenutasi alcuni anni
fa al Museo "D. Ridola" di Matera che voleva illustrare,
attraverso l'esposizione di numerosi corredi funerari, il grado
di ellenizzazione raggiunto dalla popolazione
dell'area apulo-materana, naturale retroterra della colonia
greca di Metaponto.
Lo sapevate che... La prima
collaborazione
della Polizia Scientifica nel campo dell’archeologia
risale al 1996, quando il museo archeologico di Metaponto richiese
la consulenza dei detective per analizzare le impronte impresse
su alcuni reperti rinvenuti durante una campagna di scavi che
aveva
riportato alla luce un antico deposito di vasellame risalente al
periodo della Magna Grecia.
Le immagini relative ai reperti, acquisite con una fotocamera
digitale, furono elaborate attraverso tecniche di analisi
computerizzata per rendere il piu' possibile leggibili le
impronte impresse. Le indagini, che miravano ad accertare se i
vasi di terracotta erano stati realizzati dalla stessa mano,
hanno cosi' condotto all’individuazione di quattro diversi artigiani che
operavano nell’officina
dove veniva prodotto il vasellame.
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